Il campanaro, un lavoro che per anni ha dato voce e suono alle comunità, scandendo non solo i tempi di ogni singola giornata ma anche la crescita di generazioni, prima con il gioco e poi con l’impegno fatto di pazienza, ascolto e rispetto.
Lo spettacolo, in forma di monologo in dialetto bresciano, con garbo intessuto di passione, con qua e là pennellate d’ironia, narra l’umana vicenda di un campanaro muto che, attraverso la musica i suoni, il modo diverso di guardare il mondo da una prospettiva fatta di sogni e pensieri rinchiusi nella mente, riesce in questo modo a stabilire con le persone un dialogo sincero.
Tirando le corde vola alto il campanaro, riunisce nel gesto e nel suono il sublime e la concretezza del quotidiano, abbatte il muro della differenza e, complici le fedeli campane, in alcune circostanze fa sparire il velo di diffidenza nei riguardi di chi appare diverso.
Ispirato ad una figura realmente esistita nella Bassa Brescia, questo dolcissimo e poetico personaggio può richiamare anche l’immagine di Quasimodo, ma privo delle forzature romantiche di Hugo.
La delicatezza è infatti il tratto caratteristico di Azzini e l’interpretazione di Fioretti accompagna con assoluta levità un testo splendido in cui solitudine, ricordo, desiderio e relazione si intrecciano con i rintocchi delle campane che ci riportano ad un tempo ormai definitivamente passato, ma senza sottoporci al ricatto della nostalgia.
El Campaner, in fondo, siamo tutti noi, sordi alla vita e protesi verso la disperata ricerca della bellezza che riempia di senso la nostra piccola esistenza.
Uno spettacolo per tutte le età che, nella sua estrema versatilità, può essere replicato in spazi teatrali oppure in luoghi alternativi di tutti le tipologie.